San Giovanni di Dio: curare con il ‘farmaco’ dell’amore fraterno

Redazione1
di Redazione1 Marzo 10, 2024 00:44

San Giovanni di Dio: curare con il ‘farmaco’ dell’amore fraterno

Per il modo con cui san Giovanni di Dio si prendeva cura dei malati cui aveva dedicato tutta la sua esistenza, da quando si era consacrato al Signore, si potrebbe dire che la sua terapia era improntata ai principi di quella che chiamiamo medicina olistica (curare la persona nell’interezza dei suoi aspetti), cui egli univa il “farmaco” più potente: l’amore fraterno che riceveva dalla mistica unione con Dio. Questo, in sintesi estrema, è stato l’apostolato di San Giovanni di Dio, di cui ricorre la solennità liturgica, il fondatore dell’Ordine ospedaliero che reca il suo nome, detto anche dei Fatebenefratelli. Juan Ciudad (Montemor-o-Novo, 8 marzo 1495 – Granada, 8 marzo 1550), questo il suo nome prima di consacrarsi al Signore. (Aci st.)

Juan, un nome da condottiero; un nome che ricorda il Battista, e che richiama – quindi – a una missione ben specifica. Ciò che rimane più impresso del suo operato nel nostro mondo contemporaneo è sicuramente quel nuovo modello di attenzione al malato e al bisognoso che ha apportato il santo nello svolgere la sua missione. Per spiegarlo è necessario prima di tutto partire da un dato: il modello sanitario che inventa San Giovanni di Dio è un modello del tutto innovativo per i tempi in cui opera. Una visione, la sua, nella quale ogni uomo è accolto e assistito con amore e soprattutto visto nella sua “totalità”, parola chiave per comprendere appieno il suo apostolato tra gli ammalati.

L’assistenza pastorale e sanitaria, per San Giovanni di Dio, non poteva che partire da Cristo, unica origine di salute e salvezza. Per questo motivo, l’accompagnamento spirituale degli ammalati e dei bisognosi, dei loro familiari e dei collaboratori, era parte integrante della sua missione ospedaliera. In merito, Francisco de Castro, suo primo biografo scrive: “Si occupava tutto il giorno in diverse opere di carità, e la sera, quando tornava a casa, per quanto stanco fosse, non si ritirava mai senza aver prima visitato tutti gli infermi, uno per uno, e chiesto loro com’era andata la giornata, come stavano e di che cosa avevano bisogno, e con parole molto amorevoli li confortava spiritualmente e corporalmente”.

In san Giovanni di Dio, “ospitalità” non voleva dire solamente accogliere gli ammalati, ma era guardare a ogni singola persona, con il proprio bisogno. Uomo soprattutto del fare, non ha lasciato molti scritti se non una raccolta di sei lettere indirizzate a Luigi Battista, al nobile Gutierre Lasso e alla Duchessa di Sessa. Di questi, San Giovanni di Dio era il direttore spirituale. Tra confidenze personali e insegnamenti evangelici, in queste pagine dallo stile semplice e diretto, troviamo – fra le righe – la moderna e pragmatica “proposta sanitaria” che ha animato il suo agire. E’ interessante notare in queste lettere come il santo sia consapevole del poco tempo a sua disposizione: il suo tempo, infatti, è più che altro dedicato a curare gli ammalati; non c’è spazio per divenire un “letterato” della missione.

Ma cosa accadeva a un uomo che si affidava alle cure del santo e dei suoi compagni? In una lettera indirizzata a Gutierre Lasso troviamo la risposta. La lettera riguarda la prima casa d’accoglienza fondata a Granada: “Essendo questa una casa per tutti, vi si ricevono indistintamente persone affette da ogni malattia e gente d’ogni tipo, sicché vi sono degli storpi, dei monchi, dei lebbrosi, dei muti, dei matti, dei paralitici, dei tignosi e altri molto vecchi e molti bambini; senza poi contare molti altri pellegrini e viandanti che vengono qui e ai quali si danno il fuoco, l’acqua, il sale e i recipienti per cucinare il cibo da mangiare. Per tutto questo non vi è rendita alcuna, ma Gesù Cristo provvede a tutto”.

Tutto questo lavoro per i bisognosi non andò poi sepolto con la morte del santo spagnolo (che tra l’altro non lasciò nessuna Regola scritta all’Ordine ospedaliero) perché in quel suo agire era già presente una Regola non scritta. Testimonianza di ciò sono queste righe del suo primo biografo, il già citato Francisco de Castro: “In questa casa di Granata ordinariamente vi sono da diciotto a venti fratelli. Alcuni di essi lavorano nelle infermerie assistendo i poveri, altri nei vari uffici della casa. Altri, invece, vanno a chiedere elemosina per la città, ripartita in parrocchie, chiedendo ciascuno nella propria. Altri vanno fuori per le campagne e i paesi a chiedere grano, orzo, formaggio, olio, uva passa, e le altre cose necessarie alla vita”.

In questa pagina biografica si comprende bene come gli insegnamenti del fondatore dell’ordine ospedaliero abbiano profondamente segnato i suoi collaboratori. Il sistema sanitario proposto da San Giovanni di Dio non è, infatti, “autoreferenziale” bensì è visione programmatica da condividere con i suoi confratelli. Questa, è stata una delle prerogative della sua missione. Curare con l’amore grazie alla condivisione con i fratelli: una semplice “ricetta” che potrebbe essere seguita oggi in ogni luogo di sofferenza. San Giovanni di Dio, un santo antico che ha tanto da insegnare al nostro oggi.

 

 

 

 

Redazione da Ag. di inf.

 

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