San Francesco di Paola: mistico Eremita votato a vita penitenziale nel segno della “Charitas”

Redazione1
di Redazione1 Aprile 4, 2024 00:05

San Francesco di Paola: mistico Eremita votato a vita penitenziale nel segno della “Charitas”

La ricorrenza celebrativa del grande santo calabrese, San Francesco di Paola, è un momento di solennità liturgica che ci fa addentrare in profondità nella mistica di un eremita francescano che, secondo il biografo anonimo suo discepolo, sceglie per sé fin da giovane un itinerario penitenziale sulla scia della spiritualità dei Padri del deserto. Una scelta motivata proprio dalla “compassione” che il santo eremita sentiva nell’animo al pensiero che gli uomini con i loro peccati tornavano a crocifiggere il loro Signore.

In verità, la scelta eremitica nella grotta di Paola è stata sempre letta dagli scrittori dell’Ordine dei Minimi, Frati da lui fondato, come desiderio di conformazione a Cristo crocifisso: “Si ritirò nell’eremo, e abbracciò il Crocifisso e bevve tanta acqua celestiale e fu ripieno di tanta grazia da rinunciare a tutte le cose terrene, negando se stesso, e da aderire pienamente al Crocifisso con la mente e il cuore, come riferisce p. Giuseppe Fiorini Morosini. Nel giovane Francesco, solitudine eremitica, amore al Crocifisso e decisione penitenziale si identificano secondo le riflessioni fatte dagli scrittori dell’Ordine: “Si nascose solo con il crocifisso nel quale visse come inchiodato per amore e per partecipazione al suo dolore.

In realtà Francesco, a parte la dimensione penitenziale con la quale ha cercato di rivivere la Passione di Cristo, ha mostrato anche con gli atteggiamenti esterni la sua interiore inclinazione verso il Crocifisso. Sul bastone, col quale si accompagnava nei suoi viaggi, portava sempre una croce che ora si conserva nel Santuario di Corigliano. Con una croce delimita, in un certo senso, la sacralità del convento ove abita con i suoi frati a Paola. Fa il segno di croce per scongiurare pericoli, per operare guarigioni, per invocare la benedizione dall’alto. Dinanzi alla croce sosta frequentemente a pregare, soprattutto prima di compiere qualche intervento miracoloso.

Invita anche i fedeli a pratiche di pietà in onore del Signore crocifisso, e non solo occasionalmente, ma abitualmente, con la volontà, nutrita di interiore convinzione, di voler comunicare ad altri il suo stesso amore alla Croce. Prescrive, infatti, tale pratica nella Regola del terz’Ordine dei Minimi (T.O.M): associazione di laici che si propone di vivere il Vangelo secondo il modello di San Francesco di Paola. Ramo secolare dell’Ordine dei Minimi, con il quale ha in comune il carisma penitenziale, la cui nascita si colloca nell’anno 1501 e si deve all’iniziativa dello stesso Santo.

Sull’amore alla Croce e a tutto ciò che essa significa per l’uomo di fede, S. Francesco di Paola fonda la sua tipica proposta di seguire Cristo, basata sulla penitenza quaresimale. Lo dice chiaramente iniziando e concludendo la terza Regola dei Frati. Essa si apre così: “Nel nome del Crocifisso inizia la vita e Regola dei frati dell’Ordine degli Eremiti o dei Minimi”. E si conclude con un’espressione di lode: “Siano rese grazie perenni al Crocifisso”. Anche l’invito ai membri secolari del terzo Ordine di praticare l’astinenza a vita è basato su questo amore.

Nella Regola del terzo Ordine il mistero della Croce, che si rivive nella celebrazione della santa Messa e nella comunione sacramentale, è presentato come forza per sostenere e corroborare la propria vita spirituale: “Parteciperete con attenzione alla s. Messa, affinché, corroborati in modo salutare dalla dolorosa passione di Cristo che si rinnova in essa, vi conserviate forti e saldi nell’osservanza dei comandamenti di Dio

Il desiderio di conformarsi a Cristo trasforma Francesco in asceta e in apostolo di conversione. Egli va in giro, pertanto, richiamando tutti ad abbandonare il peccato e a ritornare al Signore. Questo suo apostolato è stato sintetizzato bene nel Processo Calabro: “Quanti erano privi di speranza ritornavano consolati, i peccatori convertiti… diceva infatti ad essi: Purificate la vostra coscienza e smettete di commettere ogni genere di peccati… Sono state moltissime le persone, che si sono convertite per questa predicazione”.

Si può dire che tutta la vita di s. Francesco si è sviluppata nella linea dell’imitazione fedele di Cristo, tanto da meritare dal papa Alessandro VI l’elogio di essere un “imitatore ardentissimo del Redentore”. A ragione qualche religioso dell’Ordine dei Minimi ha cercato di proporre un parallelo tra la vita di Gesù e quella di Francesco. Oggi i Minimi, nell’approfondimento teologico della loro spiritualità, hanno scritto che “Francesco conosce, ama e contempla Dio nel volto penitente del suo Figlio. Alla scuola della Croce e del tabernacolo il Paolano scopre l’immensa bontà e il suo amore-agape che sorpassa ogni realtà”. L’accesso alla comunione e alla contemplazione del Dio-amore passa attraverso l’imitazione del Cristo penitente, il quale, attraverso la Croce, giunge alla glorificazione e si asside glorioso alla destra del Padre.

Tra gli eventi straordinari che si attribuiscono a S. Francesco di Paola, c’è quello che a si tramanda da secoli a Messina, dove il culto del santo è diffuso, e si riferisce al suo attraversamento dello Stretto, in modo miracoloso. Lo narra una leggenda ben consolidata secondo cui, ìl 4 aprile 1464, essendogli stato negato il traghettamento per Messina da un barcaiolo scortese, dopo essersi raccolto in preghiera, insieme ad un confratello, attraversò lo Stretto sul suo mantello steso sulle onde, approdando così sulla costa messinese là dove ora c’è la chiesa omonima.

Il momento della morte di Francesco, che non senza un segno particolare di Dio avviene di Venerdì santo, è come l’ultimo tocco della grazia di Dio, che vuole completare una identificazione costruita lentamente lungo l’arco di novantuno anni. Francesco, che ha iniziato la settimana di passione in uno stato di sofferenza fisica, causata da una febbre insistente, chiude gli occhi a questo mondo abbracciando e baciando ripetutamente il Crocifisso, dopo aver ascoltato il racconto della passione, preso dal vangelo di s. Giovanni.  Nel 1562, quando gli Ugonotti, nel contesto delle guerre di religione, profanarono la sua tomba, ed estraendo il suo corpo ancora intatto cercarono ripetutamente di bruciarlo non riuscirono a farlo. Solo le fiamme prodotte dal rogo della grande Croce che stava sull’’altare maggiore ottennero di consumare il suo corpo.

Il Morales, storico spagnolo dei Minimi, ha commentato così: “Il glorioso Padre ha amato molto Dio, e a sua volta Dio lo ha amato molto, tanto che per mezzo degli Angeli gli ha dato come insegna la carità, che è fuoco divino, come dice il Cantico dei Cantici (8, 6-7): ‘Le sue vampe sono vampe di fuoco, le sue fiamme, fiamme del Signore! Per questo il fuoco non gli ha mai nuociuto in tutta la sua vita.

 

 

 

 

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