Testimonianza su padre Marrazzo. Figlio di Sant’Annibale, benefattore di orfani, bisognosi, ammalati e instancabile confessore

Redazione1
di Redazione1 Dicembre 4, 2023 22:18

Testimonianza su padre Marrazzo. Figlio di Sant’Annibale, benefattore di orfani, bisognosi, ammalati e instancabile confessore

== Pubblichiamo un’interessante testimonianza su padre Giuseppe Marrazzo, recentemente proclamato venerabile, raccontata con argute espressioni di affettuosa riconoscenza, inviata da parte di un lettore devoto del sacerdote rogazionista, che però preferisce rimanere anonimo ==

Sono molti coloro che hanno avuto modo di conoscere padre Marrazzo, e beneficiare della sua intensa dedizione nello svolgimento del ministero sacerdotale presso il santuario di Sant’Antonio a Messina; e sono certamente tante le persone che lo hanno visto operare come instancabile confessore, direttore spirituale, assistente ecclesiastico, benefattore di quanti hanno avuto bisogno di sostegno spirituale e materiale.              

Il confessionale in cui p. Marrazzo confessava

Io sono uno di quelli che hanno goduto il bene di averlo avuto come confessore. L’ho conosciuto in quella chiesa che frequentavo saltuariamente per la devozione al “glorioso Sant’Antonio”, come lo chiamava padre Annibale, ma anche per il fatto che a qualunque ora della mattinata passassi da quelle parti, quella chiesa era sempre aperta. Non solo, ma se avessi avuto intenzione di confessarmi, immancabilmente, in quel confessionale subito a destra entrando, c’era sempre un sacerdote disponibile. Ed era sempre lo stesso, un confessore sempre presente e instancabile: padre Marrazzo.

La cosa ancora più importante per me era data dal fatto che si trattava di un confessore che rispondeva assai bene alle mie particolari esigenze di penitente. Infatti, lo trovavo sempre accogliente, sereno, paziente, discreto, comprensivo e incoraggiante. Lo sentivo dotato di una umanità affabile che lo rendeva ben disposto ad ascoltare.

Notavo che nel modo di interloquire, quel sacerdote, al contenuto concettuale delle espressioni verbali associava una componente relazionale di elevato valore psicologico che creava un buon livello di empatia. Percepivo in lui un atteggiamento fraterno, più che paterno, quindi più aperto, vicino e rispettoso della mia sensibilità in un momento psicologicamente delicato, in cui certe resistenze dell’orgoglio rendono difficile parlare dei propri peccati. Un comportamento che apprezzavo moltissimo e che rendeva più facile e liberatorio lo scarico delle tensioni di carattere emotivo che di solito mi succedeva di provare nel momento della confessione.

Ricordo che questo suo atteggiamento mi aiutava parecchio ad allentare la tensione interiore della situazione, e a sentire la confessione proficua e pacificante. Specialmente perchè lo percepivo calmo, sereno, con voce pacata e in grado di trasmettere pace, rassicurazione e infondere coraggio. Un’esperienza che mi colpiva molto positivamente, che trovavo molto proficua nella gestione del mio cammino spirituale, per cui quel confessore era per me davvero impareggiabile.

Di quell’ottimo confessore c’era anche un aspetto singolare che mi incuriosiva e mi induceva a fare delle considerazioni sulla sua persona. Era il fatto che guardando padre Marrazzo nella veste di solerte figlio di Sant’Annibale, quale sacerdote che mi rassicurava per le sue capacità di curatore d’anime, col suo modo di agire che ritenevo ben consonante con la spiritualità e carità operativa del Padre ispiratore, rilevavo, nel contempo, l’evidente difformità del suo aspetto esteriore ed espressivo rispetto alla figura brillante di chi gli aveva ispirato il modello religioso della sua vocazione. Cioè l’aspetto ieratico, nobiliare, ai piani alti della scala sociale per linguaggio e cultura di Padre Annibale: poeta, predicatore, giornalista e grande comunicatore.  

Ricordo che la cosa mi suscitava un misto di meraviglia e perplessità, trovando strano, certo per una sorta di sottigliezza di pensiero intellettualistico, favorito da una visione giovanile superficiale e idealistica, che il seguace di un santo dalla personalità così eclettica e dotata di uno stile espressivo elegante e dinamico, fosse stato attirato da un Maestro così diverso per le suddette caratteristiche personali.   

Poi, attingendo via via maggiore conoscenza, e soprattutto beneficio spirituale da quel prete particolare e per me importante, i motivi di quelle perplessità fittizie, frutto di preconcetti di tipo perfezionistico derivanti da un modo di valutare le cose secondo una visione superficiale, riduttiva e schematica, caddero e mi fecero capire che per raggiungere l’obiettivo la santità sa percorrere strade diverse e misteriose.  

Così cominciai a comprendere meglio quale grandezza umana e forza spirituale c’erano in quel “piccolo” e formidabile prete. Capace di rendere attivo ed efficace il compito religioso che svolgeva in forma diversa, alla sua maniera, ma in forma altrettanto valida e proficua, secondo le direttive fondamentali del progetto dettato dal Fondatore.

Percepivo l’intensità della preghiera che animava la sua spiritualità, secondo le linee guida caratterizzanti del “Rogate”, intese a suscitare da Dio tante vocazioni e santi sacerdoti, ma anche osservando l’impegno personale che egli profondeva con tutte le sue energie e con spirito di generosissimo servizio a beneficio del prossimo, dei poveri, dei più deboli e derelitti. Lo faceva in modo semplice, spontaneo, secondo le capacità umane di cui disponeva, ma al tempo stesso con grande spirito di carità, efficacia ed estensione fra la gente comune, per cui era chiamato il “Prete del popolo”.

Certamente però, un aspetto centrale della sua intensa opera pastorale, così come lo vedevo dalla mia angolatura, era quello di straordinario confessore. La conferma di questa sua meritevole funzione di curatore di anime, consolatore e direttore spirituale di molti, ricordo di averla anche ascoltata direttamente dalla viva voce del grande Arcivescovo, “Araldo e Apostolo di santità” com’era chiamato, Francesco Fasola,”. Il quale, con quella sua paterna espressività sorridente, genuina e accattivante, associava a quel sacerdote una simpatica ed efficace similitudine: “il Santuario di S. Antonio è la clinica spirituale di Messina, della quale padre Marrazzo è il medico di guardia”. 

 

 

 

 

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