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MESSINA “Terra di santi” – Montevergine, singolare evento prodigioso per intervento della “Beata Eustochia”…in “obbedienza” all’Abbadessa
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Tra le tante testimonianze di grazie ottenute per intercessione di Eustochia, quella che riferiamo è davvero assai singolare. Non solo per la motivazione, legata all’evento di portata storica, che ne ha sostenuto la richiesta, e per via dei prodigiosi segni premonitori che l’hanno preceduta, ma specialmente per il modo inusitato in cui la preghiera è stata formulata.
Si tratta infatti, di una invocazione espressa in forma perentoria e al tempo stesso umile, concepita da Madre Fortunata Angelino, Badessa del monastero all’epoca della Canonizzazione, che così ci riferisce. “Avendo saputo delle recenti nuove disposizioni della Sacra Congregazione, secondo cui per il riconoscimento di Santità della Madre Eustochia sarebbe bastato il solo miracolo, ben documentato, della guarigione di Letterio Mangano, il Postulatore, p. Antonio Cairoli, mi consigliò di rivolgermi alla Beata, e, nella qualità di Badessa, chiederle “per ubbidienza” di pregare per la sua canonizzazione
Ne scaturì una invocazione davvero insolita (scritta e protocollata da Madre Fortunata con data 11 novembre 1971) che comprendeva, fra le altre, le seguenti espressioni. “Beata Madre Eustochia, stavolta non è tanto facile per me venire ai tuoi piedi per dirti…che devi pienamente ubbidire al mio comando per la tua piena glorificazione in terra…..per l’autorità che lo stesso Signore mi ha dato nel reggere la tua e mia comunità….. ti piaccia ubbidirmi, compiendo ancora una volta la volontà divina….dunque, ottieni presto, Beata Madre, il miracolo necessario. Amen.”. A questa preghiera così pronunciata seguirono diversi straordinari segni premonitori in risposta dalla Beata, “ma uno di questi – afferma Madre Fortunata – fu particolarmente prodigioso. a dimostrazione di come Eustochia ‘obbedisse’ alla mia ingiunzione”.
“Poiché era necessario spedire innumerevoli fotocopie di documenti alla Sacra Congregazione e al Padre Postulatore, si richiedeva l’acquisto di una fotocopiatrice. Ma la cifra occorrente (lire 3 milioni e cinquecentomila) mi rendeva molto dubbiosa perché, non disponendo della somma, avrei dovuto ricorrere ad un prestito. Il mattino del giorno in cui la clarissa esterna avrebbe dovuto recarsi in banca per ottenerlo, fui chiamata d’urgenza in sacrestia. Qui, attraverso la piccola grata della porta vidi una suora che mi consegnò una busta su mandato di una signora di S. Giovanni Rotondo, destinata proprio a me. Al mio invito ad entrare per un caffé, la suorina, ringraziando, rispose che doveva ripartire per Siracusa. Non rivelò il suo nome, né quello della benefattrice. Senza parole, aprii la busta: dentro c’erano esattamente 3 milioni e cinquecentomila lire. Questo mi diede la certezza che Eustochia voleva la sua canonizzazione”.
Redazione