Pakistan, ACS: nuovi progetti a protezione di giovani donne e minorenni

Redazione1
di Redazione1 Marzo 19, 2021 18:43

Pakistan, ACS: nuovi progetti a protezione di giovani donne e minorenni

 

Dei delitti di onore che avvengono in tutto il mondo, un quinto si verifica in Pakistan. Uno dei principali Paesi che, insieme ad Afganistan, Congo, India e Somalia, è indicato come più pericoloso per le donne. Alla base dei comportamenti vessatori che vi si praticano c’è un sistema feudale e tribale che riesce, a causa di un presunto grave disonore, ad avere il predominio anche sulle leggi dello Stato. Per cui anche una – vera o presupposta – relazione prima del matrimonio, la volontà di una ragazza di scegliere autonomamente il proprio fidanzato e futuro marito, il suo rifiuto di un matrimonio combinato dalla famiglia, rappresenta un delitto tale da essere punito anche con la morte. 

Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) e la Commissione Cattolica per la Giustizia e la Pace del Pakistan hanno formalizzato il pacchetto di progetti per proteggere minorenni e giovani donne. L’atto riguarda la campagna di protezione delle minorenni e delle giovani donne appartenenti alle minoranze religiose, anzitutto quella cristiana. (AciStampa)

Padre Emmanuel (Mani) Yousaf, direttore della CCJP, recentemente aveva affermato che «una delle sfide più evidenti è il recente aumento dei casi di sequestro, matrimonio e conversioni forzati. Questo fenomeno, sebbene non sia nuovo, ha subito un’accelerazione nel recente passato a causa della mancanza di leggi adeguate e dell’assenza dell’applicazione delle misure di sicurezza esistenti, allo scopo di proteggere le giovani minorenni e le donne appartenenti alla comunità delle minoranze religiose».

Leggi come il Child Marriage Restraint Act, in vigore nel Sindh dal 2014, con lo scopo di prevenire i matrimoni di ragazze rapite tramite il limite minimo di età fissato a 18 anni, non ha impedito ai tribunali di favorire i sequestratori, com’è accaduto nel caso di Huma Younus, rapita quando aveva solo 14 anni. Basandosi su di una sentenza della Corte Suprema relativa ai matrimoni fra musulmani, i giudici Muhammad Iqbal Kalhoro e Irshad Ali Shah nel febbraio 2020 hanno stabilito che Huma si sarebbe convertita all’Islam e, avendo avuto il primo ciclo, il matrimonio con il presunto rapitore Abdul Jabbar era da considerarsi valido.

L’iniziativa assunta dalla CCJP con il sostegno di ACS prevede l’assistenza legale alle vittime, il confronto con i responsabili politico-istituzionali a vari livelli e una campagna per sensibilizzare la pubblica opinione sul dramma appena descritto.

“Alla CCJP stiamo documentando e monitorando i casi di sequestro, matrimoni e conversioni forzati che si sono verificati ai danni di ragazze minorenni, cristiane e hindu, e ai danni di donne adulte», spiega in un colloquio con ACS il direttore Yousaf. «La pressione dei gruppi estremisti sui tribunali, l’atteggiamento fazioso della polizia, il timore di rappresaglie da parte del rapitore, il conseguente stigma costringono spesso le vittime a fare dichiarazioni a favore dei propri sequestratori”, prosegue Padre Mani. “La CCJP ritiene che per avviare e dare efficacia al cambiamento sia necessario impegnarsi a livello nazionale e internazionale per far sentire la propria voce, per domandare che lo Stato compia azioni adeguate» e nel contempo per lanciare «un pubblico appello affinché si legiferi”.

Secondo il Pakistan’s Movement for Solidarity and Peace, ogni anno circa 1.000 ragazze e donne cristiane e hindu di età compresa fra i 12 e i 25 anni vengono sequestrate. “Sono violentate, obbligate a convertirsi all’Islam e costrette a sposare i loro aguzzini”, denuncia l’avvocatessa cattolica Tabassum Yousaf , operatrice solerte nel porre l’attenzione sul drammatico fenomeno delle conversioni forzate all’Islam di giovani donne e perfino adolescenti; notando come questa sia una piaga che affligge tutte le minoranze religiose, in primis cristiani e indù. Un fenomeno che a causa del deficit di denunce e dei problemi sperimentati con le forze di polizia, l’ordine di grandezza del dramma potrebbe essere di gran lunga superiore.

“ACS segue già da tempo, e cioè sin dal rapimento di Huma Younus, il dramma di questa adolescenza violata, in particolare attraverso il sostegno all’assistenza legale delle vittime”, commenta Alessandro Monteduro, direttore di ACS Italia.

“Per conferire maggiore efficacia alla nostra azione abbiamo deciso di collaborare con la Commissione Cattolica per la Giustizia e la Pace del Pakistan, con l’auspicio che questo dramma sia internazionalmente riconosciuto e le vittime adeguatamente tutelate”, conclude Monteduro.

 

 

Redazione da Ag.di i.

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