50° Contemplative consacrate, Francesco: “Siate donne della misericordia”. Giovanni Paolo II e S. Teresa di Lisieux

Redazione1
di Redazione1 Giugno 5, 2020 18:07

50° Contemplative consacrate, Francesco: “Siate donne della misericordia”. Giovanni Paolo II e S. Teresa di Lisieux

Nella ricorrenza del 50° anniversario della Promulgazione del Rito della Consacrazione delle vergini. Papa Francesco scrive alle contemplative consacrate nell’Ordo Virginum. “A cinquant’anni dal Rito rinnovato, vorrei dirvi: non spegnete la profezia della vostra vocazione! Siete chiamate, non per vostro merito, ma per la misericordia di Dio, a far risplendere nella vostra esistenza il volto della Chiesa, Sposa di Cristo, che è vergine perché, nonostante sia composta da peccatori, custodisce integra la fede, concepisce e fa crescere una umanità nuova”. E’ quanto afferma nel suo messaggio Bergoglio nel ricordare questo importante anniversario.

“La vostra chiamata – scrive inoltre – mette in luce l’inesauribile e multiforme ricchezza dei doni dello Spirito del Risorto che fa nuove tutte le cose. Al tempo stesso essa è un segno di speranza: la fedeltà del Padre ancora oggi pone nel cuore di alcune donne il desiderio di essere consacrate al Signore nella verginità, vissuta nel proprio ordinario ambiente sociale e culturale, radicate in una Chiesa particolare, in una forma di vita antica e al tempo stesso nuova e moderna”. “la vostra consacrazione verginale aiuti la Chiesa ad amare i poveri, a riconoscere le povertà materiali e spirituali, a soccorrere chi è più fragile e indifeso, chi soffre per la malattia fisica e psichica, i piccoli e gli anziani, chi rischia di essere messo da parte come uno scarto – è l’augurio del Papa – Siate donne della misericordia, esperte di umanità. Donne che credono nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto”.

Dal messaggio che Papa Francesco rivolge alle contemplative consacrate, facendo memoria di questo 50° anniversario, sorge un altro ricordo: quello di Giovanni Paolo II, che il 2 giugno 1980, rivolgendosi alle Suore contemplative del Carmelo di Lisieux, diceva che “Pur amando profondamente la nostra epoca bisogna riconoscere che il pensiero moderno relega facilmente nel soggettivismo tutto ciò che concerne la religione, la fede dei credenti, i sentimenti religiosi. E questa visione non risparmia la vita monastica. A tal punto che l’opinione pubblica e perfino purtroppo certi cristiani più sensibili al solo impegno concreto, sono tentati di considerare la vostra vita contemplativa come un’evasione dal reale, un’attività anacronistica ed anche inutile”.

Wojtyla, in occasione della sua prima volta in Francia, dopo Parigi aveva concluso la sua visita nella città di Santa Teresa del Bambino Gesù. Recatosi nel monastero delle Carmelitane, chiedeva loro: “ricambiate la sfida del mondo contemporaneo e del mondo d’oggi, vivendo più radicalmente che mai il mistero stesso della vostra condizione del tutto originale che è follia agli occhi del mondo e saggezza nello Spirito Santo: l’amore esclusivo del Signore e di tutti i vostri fratelli in lui. E non cercate neppure di giustificarvi! Ogni amore, dal momento che è autentico, puro e disinteressato, porta in se stesso la sua giustificazione. Amare in modo gratuito è un diritto inalienabile della persona, anche – e bisognerebbe dire soprattutto – quando l’amato è Dio stesso. Sulla scia dei contemplativi e dei mistici di ogni tempo, continuate ad attestare con forza e umiltà la dimensione trascendente della persona umana, creata a somiglianza di Dio e chiamata ad una vita d’intimità con lui”.

Ricordando quanto era stato vissuto da Santa Teresa: “Provo ora – così Karol Wojtyla – una grande gioia  a visitare questo Carmelo che è stato il luogo della sua vita e della sua morte, della sua santificazione, in mezzo alle sue suore, e che deve restare un alto luogo di preghiera e di santificazione per le carmelitane e per tutti i pellegrini. È da qui che vorrei confermare voi tutte, qualunque sia la vostra famiglia spirituale, nella vostra vita contemplativa, assolutamente vitale per la Chiesa e per l’umanità”.

Espressioni che richiamano quanto esprime la “Piccola via” proposta da Teresa di Lisieux, secondo cui tutti noi siamo chiamati a giungere sulla “Montagna dell’Amore”, e i santi sono coloro che sono riusciti a salire sulla montagna la cui cima si perde nel cielo. Teresa – secondo quanto spiegano gli interpreti della sua opera –  non si è mai interrogata sul cammino che l’avrebbe condotta alla “Montagna dell’Amore” ma si è lasciata condurre da Gesù in totale abbandono. Ella infatti sostiene che proprio l’Amore Infinito che, chinandosi sulla creatura, colma tutte le distanze e tutte le opere, salvo l’unica opera che solo la creatura può compiere: l’abbandono totale.

La scoperta di Teresa – continuano gli esegeti – consiste proprio nella necessità di abbandonarsi alla Grazia perché è convinta, che sia l’Amore a far ascendere e generare le opere. Per Teresa la “via breve” consiste nell’essere presa tra le braccia di Gesù e portata da Lui fin sulla vetta della Montagna dell’Amore.

Teresa ci ha insegnato che Gesù non solo è pronto a sollevarci, a sorreggerci per ogni caduta, ma è disposto ad eliminare ogni nostra debolezza e peccato purché chiediamo il Suo aiuto. Una via semplice ed efficace che nel 1997 ha portato alla decisione di Giovanni Paolo II di dichiarare la piccola Teresa Dottore della Chiesa, e a dirne il motivo. Quando “la dottrina professata e proclamata da una certa persona – ha spiegato – può essere un punto di riferimento, non solo perché conforme alla verità rivelata, ma anche perché porta nuova luce sui misteri della fede, e una più profonda comprensione del mistero di Cristo”.

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