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Conflitto israelo-palestinese, Appello di Amnesty e delle Ong italiane al governo: “Cessate il fuoco e protezione dei civili”
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Il numero delle vittime della guerra israelo-palestinese continua ad aumentare: oltre ai 1.400 morti in Israele e agli oltre 3.000 feriti e 200 ostaggi, a Gaza si contano già 4.000 morti e più di 14.000 feriti. Circa 1.500 persone restano sotto le macerie nella Striscia, tra cui circa 800 bambini. A Gaza inoltre incombe una situazione di grave emergenza umanitaria che si va accentuando a danno della popolazione palestinese.
Quelle che si stanno vivendo “sono notti di forti bombardamenti” fino alle prime ore del mattino, spiega Padre Romanelli. Un attacco israeliano ha colpito anche le strutture della chiesa greco-ortodossa di san Porfirio. E Padre Gabriel Romanelli, parroco dell’unica parrocchia cattolica di Gaza, dedicata alla Sacra Famiglia, descrive al Sir lo stato d’animo dei suoi fedeli. Nella nostra parrocchia, religiosi e laici, insieme ai parrocchiani cattolici e ortodossi, continuano a consolare coloro che piangono i loro morti, curando le ferite, aiutando tutti.
In sintonia con il rinnovato appello del Papa, Patriarchi e Capi delle Chiese di Gerusalemme, insieme a Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, in visita a Gerusalemme nei giorni scorsi, dopo aver condannato gli attacchi aerei israeliani al complesso della chiesa ortodossa di San Porfirio a Gaza, hanno lanciato un appello alla comunità internazionale affinché “garantisca immediatamente a Gaza la protezione a rifugi come ospedali, scuole e luoghi di culto. Chiediamo un immediato cessate il fuoco umanitario in modo che cibo, acqua e forniture mediche vitali possano essere consegnati in sicurezza alle agenzie di soccorso, che si occupano delle centinaia di migliaia di civili sfollati a Gaza, comprese quelle gestite dalle nostre stesse chiese”.
Oggi a Roma, da Amnesty international e oltre 50 organizzazioni non governative italiane riunite nell’Aoi (Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale), è stato lanciato un appello al governo e al parlamento italiano, affinché mettano al centro dell’azione politica il rispetto dei diritti umani e della vita delle popolazioni civili, per “porre fine all’assedio totale della Striscia di Gaza, e garantire l’accesso ai beni essenziali e agli aiuti umanitari destinati alla popolazione civile nella Striscia”. Si chiede anche al nostro esecutivo “di promuovere il rispetto del diritto internazionale umanitario, astenendosi dal fornire armi a qualsiasi parte coinvolta nel conflitto e sostenendo pubblicamente l’operato della Corte penale internazionale nelle indagini sui crimini commessi nella regione”.
“Siamo arrivati ad un livello di ingiustizia in cui non si è mai arrivati nella storia. Stare sotto le bombe a Gaza vuol dire attendere il proprio turno, perdere ogni speranza. Quanti altri morti ancora per porre fine a tutto ciò?”. A portare una toccante testimonianza è stato Yousef Hamdouna, palestinese, operatore umanitario dell’associazione Educaid. Da beneficiario iniziale di progetti di solidarietà ora lavora per la propria terra. Era già in Italia prima dell’inizio dell’assedio ma ha tutta la famiglia a Gaza. Nel 2014 ha perso una figlia sotto le bombe israeliane: “Da allora non riesco a perdonare me stesso per non essere riuscito a salvarla”, racconta con voce straziata, mentre la sala è travolta da una ondata di commozione.
Stanotte ha saputo della morte di familiari e amici, mentre tutti i suoi fratelli hanno le case distrutte dai bombardamenti. “È una situazione che non si può immaginare. Anche io sono vissuto sotto le bombe, ma stavolta è peggio. A Gaza lo chiamano ‘il giorno del giudizio’, non hanno mai visto una cosa del genere”. Una sua collega è stata salvata dalle macerie ma tutti i suoi familiari sono morti. “Mi ha detto: non so se sono stata fortunata o la mia famiglia è più fortunata di me. I numeri sono persone. Non ci vuole una scienza o una matematica per dire che ci sono civili che muoiono. Ci sono 2 milioni di persone che vogliono stare a casa loro ma nessuno li sta aiutando”.
Ong italiane, a Gaza c’è bisogno di tutto. E se è vero che ‘le sofferenze del popolo palestinese non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas’, è altrettanto vero che ‘quegli attacchi spaventosi non possono giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese’”: lo ha detto Silvia Stilli, presidente di Aoi: “I nostri operatori ci raccontano che nella Striscia di Gaza c’è bisogno di tutto: carburante per ospedali e ambulanze, cibo e acqua, elettricità, beni essenziali e salvavita, equipe mediche.
Gli ospedali sono sovraffollati, i medici sono costretti ad operare nei corridoi. Il valico di Rafah è stato aperto due giorni permettendo l’ingresso di pochissimi camion di aiuti umanitari, meno del 20% degli aiuti prima della crisi. È necessario aprire altri varchi”. Stilli si è rivolta direttamente alla premier Giorgia Meloni perché “si impegni per una immediata cessazione delle ostilità e la liberazione degli ostaggi. Si blocchi subito la punizione collettiva di una intera popolazione innocente che viene identificata con Hamas. Cessate il fuoco, cessate il fuoco”.
Redazione da Ag. d’inf.