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Ucraina, mons. Tuchapets: “Si vive nella paura e nel pericolo, ma la Chiesa è aperta al suo popolo”
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I tragici effetti della guerra continuano ad abbattersi sull’Ucraina, attaccata dal fuoco di artiglieria, carrarmati e bombardamenti aerei russi, che colpiscono ovunque senza risparmiare insediamenti civili importanti, causando macerie e numerosi morti e feriti anche tra i civili. “Le persone a Kharkiv vivono nella paura, nel panico dall’inizio della guerra. Hanno perso il senso di una risposta adeguata a ciò che sta accadendo. Si nascondono anche quando non c’è pericolo reale”. È la testimonianza al Sir di mons. Vasyl Tuchapets, esarca di Kharkiv della Chiesa greco-cattolica ucraina.
Il governatore della città ha annunciato che le forze ucraine hanno ripreso il controllo di Kharkiv e hanno cacciato le truppe russe. Ma la città è stata ore sotto pensanti bombardamenti e l’attacco russo ha fatto saltare in aria un gasdotto a Kharkiv. “Siamo al quarto giorno di guerra in Ucraina e la situazione a Kharkiv è particolarmente pericolosa”, dice il vescovo della Chiesa greco-cattolica locale. “Questa città è molto importante per l’Ucraina e si trova geograficamente vicino al confine con la Russia che dista da qui circa 30 chilometri.
“Come Chiesa, non smettiamo di pregare ogni giorno. Celebriamo ogni giorno la Santa Liturgia e tutti possono prendervi parte. Coloro che non possono partecipare fisicamente, partecipano
tramite le trasmissioni online. In questo momento, la presenza della Chiesa è molto necessaria. Confessioni, conversazioni spirituali aiutano le persone a uscire da uno stato di crisi psicologica”.
In tutto il Paese, laddove è possibile, le chiese rimangono aperte per dare rifugio alle persone. Anche ad Kharkiv – dice mons. Tuchapets – “la nostra chiesa è sempre aperta. Le persone possono nascondersi qui durante gli attacchi o i bombardamenti. Abbiamo anche un tempio interno, dove è possibile stare al sicuro durante i periodi di forte pressione”.
In un video messaggio diffuso da Kiev questa mattina, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, rivolgendosi ai fedeli, ha detto: Questa domenica festeggiamo Cristo risorto presente tra noi, presente in Ucraina”. A Kiev è scattato ieri il coprifuoco alle 17 e terminerà, salvo proroghe, alle 8 di lunedì 28 febbraio. Gli abitanti della città quindi non potranno andare in chiesa e l’arcivescovo maggiore chiede a tutte le persone di “rimanere a casa per non rischiare la vita”. “
“Sarà la Chiesa dunque a venire da loro. I nostri sacerdoti scenderanno nelle cantine, scenderanno nei rifugi antiaerei, e lì celebreranno le Divine Liturgie. La Chiesa è con il suo popolo. La Chiesa di Cristo porta con sè il Salvatore eucaristico a quelli che vivono momenti critici della loro vita, che hanno bisogno di forza e di speranza nella Resurrezione”. In altre parti del paese dove la situazione è più tranquilla, i sacerdoti stanno celebrando le messe.
L’arcivescovo maggiore di Keiv chiede quindi a “quanti hanno la possibilità di venire in chiesa: Ricevete Cristo eucaristico e offritelo per quelli che questa domenica non possono partecipare alla Liturgia. Offrite la Santa Comunione per i nostri militari. La nostra vita oggi è nelle loro mani. Offritela oggi per quelli che sono feriti, emarginati, per quelli che sono diventati dei rifugiati da questa guerra sanguinosa in Ucraina”.
Malgrado la tragedia che sta vivendo in queste ore, La guerra non ferma la vita che nasce. l’Ucraina non perde la speranza grazie anche alle notizie relative alla nascita di alcuni bambini venuti alla luce nei sotterranei e nei rifugi antiaerei di Kiev durante i bombardamenti. Mia, questo il nome dell’ultima nata. La foto della sua nascita è diventata virale. La mamma, assistita nel miglior modo possibile l’ha partorita nella metropolitana di Kiev mentre la città era assediata dalle truppe russe.
A raccontare la sua storia sui social è stata Hanna Hopko, politica ucraina ed ex deputata che ha immortalato il momento pubblicando le foto della sua nascita. Ma Mia non è stata l’unica bimba nata in una notte di bombe e scontri armati. Niente, neanche la violenza più cruda, può fermare il miracolo di una nuova vita, che può fiorire anche in un rifugio antimissilistico. “La piccola sta bene”, mentre nel tweet si legge: “È la prima nata (della quale abbiamo notizia) in uno dei centri di accoglienza di Kiev. Sotto terra, vicino agli edifici in fiamme e ai carri armati russi.
Riferendosi al conflitto in Ucraina, così il Papa dopo l’Angelus di oggi: “In questi giorni siamo stati sconvolti da qualcosa di tragico: la guerra. Una strada che più volte abbiamo pregato perché non venisse imboccata; e non smettiamo di pregare, anzi supplichiamo Dio più intensamente”, ha proseguito Francesco, rinnovando l’invito “a fare del 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri, una giornata di preghiera e di digiuno. Una giornata per stare vicino alle sofferenze del popolo ucraino, per sentirci tutti fratelli e implorare da Dio la fine della guerra”.
“Chi fa la guerra dimentica l’umanità”, è il monito di Papa Francesco: “Non sta dalla parte dalla gente, non guarda la vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto gli interessi di parte e di potere, si affida alla logica perversa e violenta delle armi e si distanzia dalla gente comune che vuole la pace”. “In ogni conflitto la gente comune è la vera vittima, che paga sulla propria pelle le follie della guerra”, la tesi del Papa: “Penso agli anziani, a quanti in queste ore cercano rifugio, alle mamme in fuga con i loro bambini. Sono fratelli e sorelle per le quali è urgente aprire corridoi umanitari e che vanno accolti”. “Lo ripeto, tacciano le armi”: ha ribadito il Papa: “Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza. Perché chi ama la pace, come recita la Costituzione italiana, ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Redazione da s. di inf.
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