Emergenza sociale 2020: peggioramento della situazione per la pandemia. I poveri più di 4 milioni

Redazione1
di Redazione1 Gennaio 6, 2021 10:00

Emergenza sociale 2020: peggioramento della situazione per la pandemia. I poveri più di 4 milioni

Dalla grave emergenza sanitaria prodotta dalla pandemia, che ancora imperversa, emerge la conseguenza di una preoccupante crisi economico sociale che fa rilevare una crescente quantità di nuovi poveri. in Europa e in Italia, negli ultimi mesi del 2020, si è registrata una grave flessione del Pil con un calo marcato dell’occupazione a favore della crescita dell’inattività. Si profila, dunque, il rischio di una grave recessione che produrrà un impatto evidente sul benessere e la vita delle persone, favorendo anche la nascita di nuove forme di povertà. È quanto emerge dal rapporto 2020 su povertà ed esclusione di Caritas Italiana che mostra un quadro preoccupante degli effetti economici e sociali della pandemia. Tra i nuovi poveri ci sono soprattutto famiglie con minori, donne e giovani (Sir).

Sono oltre 4 milioni i poveri in Italia che nelle feste di Natale sono stati costretti a chiedere aiuto per il cibo da mangiare nelle mense o con la distribuzione di pacchi alimentari a causa della crisi economica legata al Covid. È quanto emerge da una analisi Coldiretti su dati della Fondazione Divulga diffusa in occasione della prima giornata della “Spesa sospesa del contadino”. La nuova ondata di contagi – sottolinea Coldiretti – “non limita solo la convivialità durante le feste di fine anno ma ha anche peggiorato la situazione di quanti si trovano in uno stato di precarietà”.

A preoccupare è soprattutto la fascia di anziani over 65 soli in condizioni di povertà assoluta, ben 230mila secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat. Ma fra i nuovi poveri ci sono anche coloro che hanno perso il lavoro, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, persone impiegate nel sommerso che non godono di sussidi o aiuti pubblici e non hanno risparmi accantonati, lavoratori a tempo determinato o con attività saltuarie che sono state fermate dalle limitazioni rese necessarie dalla diffusione dei contagi per Covid. Il 45 per cento delle persone che si sono rivolte alle strutture della Caritas dall’inizio della pandemia lo hanno fatto per la prima volta.

Anche i dati dei centri di ascolto fanno presagire una crescita della povertà: da un anno all’altro l’incidenza dei “nuovi poveri” passa dal 31% al 45% (quasi la metà di chi si rivolge alla rete Caritas non lo aveva mai fatto in passato). Aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei di italiani e delle persone in età lavorativa. Accanto alla recrudescenza dei fenomeni di povertà già noti, si intravede, quindi, l’ipotesi di una nuova fase di “normalizzazione”, come accaduto a seguito dello shock economico del 2008. Tuttavia lo scenario che si presenta oggi è decisamente peggiore rispetto ad allora, quando i poveri assoluti erano circa 1,7milioni.

Si palesano poi disuguaglianze e sperequazioni sociali che il virus ha fatto emergere in tutta la loro crudezza, rendendole ancora più acute, e che non sempre i diversi sistemi di protezione sociale dei vari Paesi riescono a contenere. Le disuguaglianze, che assumono dimensioni macro a livello mondiale, si declinano poi in modalità diverse all’interno dei singoli Stati. Anche in Italia, lo sappiamo, e l’intero volume lo testimonia, a pagare il prezzo più alto della pandemia sono proprio le persone più fragili e vulnerabili. Richiamando, ad esempio, la dimensione occupazionale, l’impatto

della pandemia e dei conseguenti contraccolpi economici produce effetti diversi nei lavoratori precari, intermittenti o lavoratori a chiamata rispetto a chi ha un impiego con un contratto a tempo indeterminato.

Ecco dunque echeggiare le parole del Santo Padre, pronunciate durante l’Udienza generale del 19 agosto scorso, quando ha ricordato a tutti noi, come, oltre all’urgenza di trovare la cura per un virus, che sta mettendo in ginocchio il mondo intero, è necessario attivarci “per curare un grande virus, quello dell’ingiustizia sociale, della disuguaglianza di opportunità, della emarginazione e della mancanza di protezione dei più deboli”. Andare dunque alle radici della povertà, “per essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite”.

E in tal senso le Caritas diocesane, proprio rinnovando la “scelta preferenziale verso i poveri”, fin dai primi giorni dell’emergenza Covid-19 hanno continuato a stare accanto agli ultimi e alle persone in difficoltà, mettendo in atto risposte diversificate, mai sperimentate in precedenza: pensiamo ai servizi di ascolto e di accompagnamento telefonici o l’ascolto organizzato all’aperto, la consegna di pasti a domicilio e la fornitura di pasti da asporto, la distribuzione di dispositivi di protezione individuale e igienizzanti, la messa a disposizione di alloggi per i periodi di quarantena e isolamento, i servizi legati all’acquisto e distribuzione di farmaci e prodotti sanitari o i servizi di assistenza psicologica. Una vivacità di iniziative e opere realizzate anche grazie alla disponibilità di oltre 62mila volontari, a partire dai giovani del servizio civile universale, che da nord a sud del Paese si sono spesi a favore dei più vulnerabili.

 

 

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