MESSINA E PROVINCIA – Ma di che cultura viviamo?
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L’importanza di produrre cultura in senso costruttivo, al fine di generare cratività per modificare l’ambiente in cui si vive, ristrutturare, innovarsi e rinnovarsi per il bene comune.
Già, ma che cultura siamo abituati a usare? E in che modo la usiamo? Ma, soprattutto, di che cultura viviamo? Tentando di capire meglio come stanno le cose , c’è innanzitutto da dire che questo termine, indicando un mondo variegato e complesso, può facilmente generare equivoci, confusioni, interpretazioni ingannevoli, e anche manipolazioni. Intanto si rileva che – secondo gli studiosi di scienze sociali e affini – l’elemento chiave alla base della costruzione di un’immagine di successo, relativa alla rigenerazione di città, paesi, territori, sembra esserci soprattutto la presenza di stimoli culturali, adeguati a incidere mediante interrelazione tra “cultura, creatività e località”. Da cui soltanto – dicono gli esperti – può conseguire la valida formulazione di un piano strategico, idoneo a promuovere il rafforzamento dell’identità (sempre in stretto binomio con la cultura), e a migliorare la qualità della vita di una comunità e del relativo ambito territoriale.
Purtroppo, però, se guardiamo verso i siti delle nostre parti, non possiamo non constatare l’emergere di un interessante “paradosso culturale” che ci lascia alquanto perplessi. Affiora dall’osservare che nei nostri siti, mentre da un lato si verifica un pullulare di sedicenti associazioni culturali di varia estrazione e molto attive, dall’altro vediamo che questa presenza stride fortemente con la notevole carenza di stimoli capaci di ottenere risultati efficaci per il miglioramento del vivere sociale, come invece ci si dovrebbe aspettare. Come mai?
A questo proposito giova sottolineare, ancora una volta, che un conto è parlare di cultura nel senso di formazione intellettuale delle singole persone, del loro ricco sapere, generico o specifico che sia, o riguardante le diverse branche artistiche, mentre ben altro è parlare di ciò che si riferisce alla cultura in senso antropologico. Quella intesa, per intenderci, come facoltà degli individui di creare senso costruttivo, “organizzarlo e distribuirlo” all’interno di una società a beneficio dell’uomo e della qualità del suo modo di vivere comunitario. Quindi non è certo il numero elevato di persone colte, o altamente specializzate che, solo per questo, rende migliore la qualità della vita di una comunità. l’evoluzione negativa dell’identità collettiva di un gruppo sociale, infatti, può coesistere con l’alta percentuale di soggetti, anche molto sapienti e dotati di forte identità soggettiva che lo compongono.
Di conseguenza, sulla base di questa riconosciuta condizione che rende gli esseri umani soggetti culturali, agire secondo un programma svolto nel segno di ciò che riteniamo un modo di “produrre cultura”, non può esaurirsi nel compiere azioni che siano soltanto momenti culturali in senso dotto, intellettualistico o rappresentativo, come manifestazioni museali, artistiche, mostre, concerti, spettacoli, notti bianche, ecc., ma anche, e soprattutto, pratiche attuative rivolte a favorire processi di socializzazione collettivi e promuovere consapevolezza della propria vera identità. E’ soltanto da questa presa di coscienza, infatti, che possono scaturire le energie propulsive capaci di generare creatività nell’uomo, al fine di modificare l’ambiente in cui vive, costruire, ristrutturare, innovarsi e rinnovarsi attraverso un percorso di conquista del bene comune.
A fronte di queste problematiche inerenti alla esigenze esistenziali della nostre gente, non si può non avvertire l’impulso a portare avanti un discorso di approfondimento dei vari aspetti che lo riguardano, allo scopo di promuovere azioni tese a raggiungere obiettivi utili in tal senso. Anche perché, credo, che fra i buoni motivi che spingono a farlo, ci sia la constatazione del fatto che da troppo tempo, le popolazioni dello splendido comprensorio in cui spiccano centri di grande valore turistico religioso e culturale, come San Piero Patti, Librizzi, Patti, Tindari, Gioiosa Marea, San Giorgio ed altri, vivono una condizione poco felice rispetto al prezioso patrimonio di valori storici, tradizionali, spirituali, religiosi e alla ricchezza paesaggistica di stupenda bellezza di cui sono in possesso. Una contraddizione davvero spiacevole e bizzarra, che fa pensare a chi vive una vita disagiata per carenza di risorse, pur risiedendo sopra una miniera d’oro a cielo aperto.
A. M.
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