Pandemia e locqdown, “l’esperienza mistica: una valida risposta alla crisi”

Redazione1
di Redazione1 Marzo 22, 2021 23:56

Pandemia e locqdown, “l’esperienza mistica: una valida risposta alla crisi”

In un mondo aggredito dalla pandemia, il nuovo locqdown in atto dal 15 marzo fino a Pasqua, che chiude in vario modo l’Italia tra zone rosse, arancione e gialle mediante Decreto del presidente del consiglio, spinge inevitabilmente a fare qualche riflessione sulle condizioni difficili che rendono problematica la vita dell’essere umano. Certo, della grave emergenza sanitaria e delle sue limitazioni che stiamo vivendo, di considerazioni ne sono già state fatte tante, varie, approfondite e con coloriture cupe e sconfortanti.

D’altra parte, però, c’è anche da considerare che insieme agli effetti negativi che ci sono piovuti addosso, tra emergenza sanitaria, sociale ed economica dagli effetti gravosi, fra cui, non poco pesanti, le cospicue e ripetute perdite di libertà inflitte a ondate successive, si possono rilevare anche alcuni aspetti interessanti: per esempio, aver tempo e modo di meditare più in profondità sui valori della propria esistenza, confrontati con una situazione drammatica senza uguali; approfondire la conoscenza di se stessi mediante la riflessione su affetti e sentimenti importanti poco o nulla messi a frutto; oppure poter allargare gli orizzonti dello spirito, mediante esperienze personalizzate di religiosità, realizzate attraverso moti di misticismo intensi e appaganti.

Tutte possibilità di grande significato che ripagano, almeno in parte, l’homo sapiens per  l‘umiliante offesa al suo orgoglio, subita da una pandemia che impietosamente ne ha messo a nudo vulnerabilità, impreparazione, inadeguatezza e imprevedibile mortalità. Una constatazione deprimente per l’uomo postmoderno che, pur se dotato di tanto sapere tecnologico, scientifico, informatico, e comunicativo, da farlo sentire orgoglioso e sicuro delle sue potenzialità, deve purtroppo ammettere di dover imparare ancora molto per raggiungere sufficiente consapevolezza di se stesso, da poter gestire con efficace padronanza il suo modo di vivere.

Ma la cosa che ci sembra più interessante per chi soffre le attuali norme di contenimento del virus, specialmente per un cattolico praticante, è che nelle condizioni costrittive in cui si trova, per uno strano paradosso, gli viene fornita una risorsa derivante proprio dalla ridotta partecipazione alle celebrazioni religiose. E’ la risorsa, cioè, di poter riscoprire valori profondi della sua fede, tali da favorire un più intenso e intimo rapporto mistico con Dio.

Per cui, se da un lato la pratica liturgico sacramentale viene limitata, dall’altra si è portati a giovarsi di pratiche più personalistiche anche molto proficue ed esenti da condizionamenti restrittivi e opprimenti. Fra questi ultimi c’è anche l’obbligo igienizzante che pervade la prassi rituale liturgica, tendente a “sterilizzare”, non solo il rapporto sociale insieme a ciò che concerne il culto con gli oggetti e l’interno sacro dei templi relativi, ma persino a rendere artificioso e ansiogeno il contatto sacrale del fedele nella comunione con l’ostia consacrata.

A motivo di questi condizionamenti restrittivi, e a volte incongruenti, tanti fedeli sono spinti ad avvalersi di una spiritualità personalizzata – quale mezzo di elevazione e salvezza in un contesto attanagliato da angosce e pericoli mortali – orientata secondo percorsi individuali slegati dalle istituzioni religiose, troppo

concessive verso indiscriminate e limitative direttive istituzionali, spesso imperiose e irrispettose verso certe prerogative della prassi rituale cattolica. Per cui, a causa di carenza della mediazione ecclesiale, vengono favorite esperienze personali diverse, realizzate attraverso tipi di rapporto più diretti con la Divinità.

Atteggiamenti, dunque, tendenti a realizzare una religiosità che collima con quelle forme di pratica cristiana rivolte al versante delle esperienze mistiche. Da cui “è possibile intuire l’aspettativa e il desiderio di un cammino verso l’Assoluto che non si proponga come itinerario puramente intellettuale e rituale ma esistenziale, cioè un ‘sapere dell’anima’ che sappia intuire le ragioni del profondo sentire interiore”.

L’essere umano che vive l’esperienza mistica, Infatti, – come affermano i maestri di spiritualità“- riesce a conquistare quell’atteggiamento che non permette di cadere nella disperazione e consente di mantenere un sorriso sincero, anche in un mondo lacerato dalle sofferenze”. Richiamando, in sintesi, quanto afferma Meister Eckhart, il mistico “non si lascia condizionare da circostanza alcuna, non butta in tragedia alcuna calamità; è spinto da un profondo desiderio di conoscere ciò che più conta alla fine, cioè Dio e l’anima (come dice Sant’Agostino), e intraprende un cammino di distacco da sé, indicato come via obbligata dal Vangelo (“chi vuole seguirmi, rinunci prima a se stesso”).

Dunque si tratta della via maestra che conduce verso quella pratica di cristianesimo che propende verso l’esperienza mistica. E la mistica, dice Massimo Diana interpretando Panikkar, può essere un prodotto della crisi, ma è anche una valida risposta alla crisi che si vive. Il perché si correla bene con quanto

sotiene Meister Eckhart: la mistica è caratteristica umana per eccellenza, pienezza autentica di vita, in quanto cammino sicuro attraverso cui addentrarsi nell’esperienza del mistero nascosto e folgorante che è Dio. Dunque un patrimonio che appartiene a tutti.

E, infine, Raimon Panikkar, secondo cui la mistica non è null’altro che “l‘esperienza integrale della vita”, con forte affermazione profetica asserisce: “nel mondo moderno solo i mistici sopravviveranno. Gli altri saranno soffocati dal sistema, se vi si ribellano; o affogheranno nel sistema se vi si rifugiano”.

 

Anastasio Majolino

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