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Terremoto in Sicilia. Si valutano i danni alle pendici dell’Etna. Mons. Raspanti (Acireale): “La casa è un’esigenza primaria”
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Alla ripresa della quotidianità dopo il periodo festivo, il vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti, si sofferma a valutare lo stato delle cose nei luoghi colpiti dal sisma del 26 dicembre: Ci sono prima di tutto le persone, con le loro esigenze e le loro difficoltà legate in primo luogo alla casa, e ci sono anche le difficoltà della Chiesa e dei parroci”.
“Dobbiamo fare i conti con grandi incertezze che, come è normale che sia, scoraggiano un po’ tutti. Per far fronte a questa situazione, ci si sta impegnando in una ricognizione dei danni più precisa e veloce possibile, che potrà aprire la via alla ricostruzione e alla ripresa”. Dopo le feste, quando la vita riprende i ritmi della quotidianità feriale, mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale, fa il punto della situazione nelle zone ai piedi dell’Etna colpite dal sisma dello scorso 26 dicembre. “Ci sono prima di tutto le persone, con le loro esigenze e le loro difficoltà legate in primo luogo alla casa, e ci sono anche le difficoltà della Chiesa e dei parroci.
Per quanto riguarda le persone – dice mons. Raspanti -, la macchina della Protezione civile, pur con qualche piccolo disguido, funziona, ma non basta a frenare lo scoramento. Molte case sono rimaste in piedi, ma sono lesionate, anche gravemente”. C’è, dunque, ancora un forte disagio e, con la fine delle festività, cresce la voglia di far presto. “Le richieste di controllo degli immobili fioccano e le squadre, formate da Vigili del fuoco, Genio civile, Protezione civile e Comune, sono a un quinto rispetto alle richieste presentate. Non si sa quanto tempo sarà necessario e anche il dopo è incerto. Gli anziani e i pensionati riusciranno a ricostruire? E la ricostruzione – prosegue il presule – potrà avvenireneglistessi luoghi?”.
Le incognite sono tante e al disagio si aggiunge l’insicurezza. Il vescovo di Acireale racconta come “nella frazione di Aci Platani, la spaccatura lungo le strade e sulle case si è aperta 12 ore dopo la scossa. C’è stata gente che è rimasta bloccata in casa a causa delle crepe che si sono aperte lungo le pareti. Tuttora è possibile seguire le lesioni in un avanzare che taglia l’asfalto, raggiunge gli edifici tagliandoli a metà e prosegue oltre. Per cui proviamo tutti disagio, incertezza e ansia. In questo momento – per mons. Raspanti – l’emergenza non è solo né tanto il cibo, il vestito o l’alloggio, perché a queste prime necessità ha risposto lo Stato e, in parte, anche la Caritas: quella di Catania in prima persona, quella di Acireale tramite l’operato diretto di Agesci e Misericordie. Ma la casa è una esigenza primaria”.
Gli stessi sentimenti sono condivisi dai parroci, “anche loro rimasti sgomenti da quanto è accaduto”. Mons. Raspanti evidenzia che “insieme alle abitazioni, sono rimaste ferite chiese, canoniche e oratori. In alcune strutture i danni sono stati subito evidenti perché seri e strutturali. Richiederanno interventi lunghi e costosi.
In altre ci sono lesioni, ma occorre aspettare i sopralluoghi. Una squadra è al lavoro di continuo, insieme con la Soprintendenza, perché si tratta spesso di beni culturali ed artistici. Dove sono semplici distacchi di soffitti gessati o di stucchi, saranno riaperte al più presto. Ma gente – dice il vescovo – ci chiede di avere un posto in cui pregare”.
Il presule cita casi simbolo: “Ad Aci Platani pare che la Chiesa tenda a scivolare: il processo era già in corso, ma adesso ha subito
un’accentuazione. A Santa Maria la Stella, parrocchia di 6.000 abitanti, che già aveva una chiesa piccolissima costruita quando era solo un borgo, oggi non è neanche quella. Probabilmente faremo una grande tenda che ospiterà il culto. Per quanto? Per qualche mese? Per qualche anno? Ad Aci Catena tutte le parrocchie sono chiuse: un comune di 30.000 abitanti ha ormai una sola parrocchia che funziona. A Santa Venerina, solo due stanno riaprendo. Stiamo cercando di assicurare la celebrazione in posti alternativi”.
Così a Pennisi e Findaca, dove don Mirco Barillari, per le festività, ha celebrato messa all’interno di un plesso scolastico. Il campanile della sua chiesa è crollato, distruggendo anche la canonica e lasciandolo illeso solo perché il muro al quale era appoggiato il suo letto ha retto al colpo. “Dormo nella casa del clero, ad un quarto d’ora di distanza da Pennisi, ma – dice il sacerdote – praticamente vivo ospite delle famiglie della frazione. Loro hanno bisogno di una parola di conforto, di una presenza, ed io ho bisogno di loro: non voglio stargli lontano. Mi fermo nelle loro case, li ascolto e cerco di dare loro consolazione, come cerco di darla a me stesso. Anche io sono terremotato. Nei prossimi giorni – conclude – saremo anche in uno degli hotel che ospitano la maggior parte dei nostri concittadini. Condivideremo la cena e anche il Signore: chi vorrà, infatti, potrà celebrare messa con noi all’interno dello stesso albergo”.
Redazione da A. di I.