S. Francesco di Sales: il santo cui si ispirò Don Bosco, patrono dei giornalisti e dottore della Chiesa

Redazione1
di Redazione1 Gennaio 26, 2025 00:03

S. Francesco di Sales: il santo cui si ispirò Don Bosco, patrono dei giornalisti e dottore della Chiesa

Nato in una nobile famiglia del Ducato di Savoia nel 1567, compì studi accademici brillanti a Padova e a Parigi. Nella sua giovinezza, riflettendo sul pensiero di sant’Agostino e di san Tommaso d’Aquino, ebbe una crisi profonda che lo indusse a interrogarsi sulla propria salvezza eterna e sulla predestinazione di Dio nei suoi riguardi, soffrendo come vero dramma spirituale le principali questioni teologiche del suo tempo.

Per questo motivo pregava intensamente nel tormento del dubbio. Al culmine della prova, si recò nella chiesa dei Domenicani a Parigi, aprì il suo cuore e pregò così: “Qualsiasi cosa accada, Signore, tu che tieni tutto nella tua mano, e le cui vie sono giustizia e verità, qualunque cosa tu abbia stabilito a mio riguardo … ti amerò mio Dio, e spererò sempre nella tua misericordia”.

Superati i dubbi sulla grande questione della predestinazione, che divideva nell’area di lingua francese cattolici e calvinisti e seminava discordie anche all’interno della Chiesa, Francesco abbracciò con convinzione il sacerdozio. Accettò dal suo vescovo la missione difficile e pericolosa di rievangelizzare lo Chablais (la parte più settentrionale della Savoia), che era passata al calvinismo. La predicazione persuasiva e l’infaticabile zelo, dedicati a questa missione, gli procurarono parecchie conversioni al cattolicesimo. Nel 1602 diventò vescovo di Ginevra.

Oltre che operare come zelante pastore e direttore di anime, fondò con santa Francesca Frémyot de Chantal l’Ordine della Visitazione, che egli aveva immaginato in modo da consentire alle religiose di recarsi nelle case dei poveri e dei malati per servirli, ma al quale venne poi, contro sua voglia, imposta la clausura.

Infaticabile nella predicazione, nella catechesi, nell’amministrazione dei sacramenti, nelle visite pastorali, Francesco, per fortuna, non manca neppure di tracciare le linee della sua spiritualità sacerdotale: Trattato dell’amor di Dio in cui riassume tutta la sua dottrina mistica. Nasce così la Filotea, o Introduzione alla vita devota (1609): la sua prima e fondamentale opera ascetica, che avrà anche un grande successo editoriale. Questo bestseller del secolo XVII divenne come una specie di breviario spirituale per i laici, un libro di ascetica alla portata di tutti, che offre ai cristiani volonterosi una via «sicura, facile e dolce»,

Fino all’ultimo dei suoi giorni, Francesco offre una limpida testimonianza di ciò che significa amare Dio e i fratelli. Nel 1923 viene proclamato da Pio XI patrono dei giornalisti e scrittori cattolici. Viene canonizzato nel 1665; più tardi, gli viene anche conferito il titolo di dottore della Chiesa (1877). La morte lo coglie a Lione il 28 dicembre 1622.

Ma la figura luminosa di questo gigante della spiritualità moderna è stato anche motivo di ispirazione per Don Bosco. E’ a san Francesco di Sales infatti che viene dedicato l’Oratorio che il santo torinese nell’ 8 dicembre 1844 inaugura nella periferia di Torino, allo scopo di radunare ogni domenica e durante le feste i ragazzi che incontrava nelle strade e nei cantieri della città. Nasceva così l’opera “salesiana”, che allora era soltanto agli inizi e che egli chiamò oratorio, ricordando l’Oratorio fondato a Roma nel secolo XVI da san Filippo Neri, che era destinato all’educazione di giovani spesso molto sprovveduti.

Oltre alla formazione religiosa da lui considerata come fondamentale, don Bosco non trascurava la formazione umana e l’istruzione, e per di più, infondeva un’impronta festosa a tutte le attività, nelle quali il gioco, il canto e i divertimenti avevano una parte rilevante.

Descrivendo quella giornata storica nelle sue Memorie dell’Oratorio di san Francesco di Sales, l’educatore  volle spiegare le ragioni per cui aveva scelto la protezione di questo santo. La prima era apparentemente fortuita: il ritratto di san Francesco di Sales ornava già di fatto l’ingresso del locale di cui prendeva possesso. La seconda, più personale: «Perché la parte di quel nostro ministero esigendo grande calma e mansuetudine, ci eravamo messi sotto alla protezione di questo santo, affinché ci ottenesse da Dio la grazia di poterlo imitare nella sua straordinaria mansuetudine e nel guadagno delle anime”.

Così avvenne che quell’antico vescovo, nato nel 1567 vicino ad Annecy nella Savoia, morto nel 1622 a Lione, diventò il protettore di tutta l’opera di don Bosco. La figura di san Francesco di Sales, pastore zelante e amabile, missionario eroico nelle vicinanze della Ginevra protestante, autore di libri famosi come la Filotea e il Teotimo, catechista dei fanciulli, direttore spirituale ricercato e fondatore con santa Giovanna di Chantal dell’ordine della Visitazione, indubbiamente gli piaceva.

Già quando era in seminario a Chieri, questa luminosa figura lo accompagnava. Cercava di dominare il suo temperamento focoso e talvolta violento, imitando il santo vescovo e il suo modo stupendo di relazionarsi con gli altri. Alla fine del seminario, durante gli esercizi spirituali di preparazione all’ordinazione, egli prese questo proposito: “La carità e la dolcezza di san Francesco di Sales mi guidino in ogni cosa”.

Don Bosco aveva veramente san Francesco di Sales nel cuore e nella mente. Ogni anno, la festa del santo Patrono che si faceva allora il 29 gennaio, veniva celebrata all’Oratorio con grande solennità, e il detto ripetuto da Don Bosco era: «Il mio spirito e lo spirito di questo oratorio è lo spirito di san Francesco di Sales».

 

 

 

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