Crisi della Chiesa cattolica: “attraversiamo un cambiamento senza ritorno?”

Redazione1
di Redazione1 Settembre 1, 2022 22:32

Crisi della Chiesa cattolica: “attraversiamo un cambiamento senza ritorno?”

Sono diversi i commentatori del mondo cattolico che si dicono preoccupati per il momento critico che la Chiesa mostra di vivere in questi ultimi tempi. In Germania, come nel resto dell’Europa, alcuni osservatori fanno rilevare che la storia millenaria del cristianesimo sembra ormai incamminata su una strada senza ritorno. Valutazioni che trovano sufficiente conferma nel numero di coloro che decidono di abbandonare la chiesa cattolica, o le chiese protestanti. Un numero che aumenta di anno in anno; una vera e propria emorragia di fedeli che sta accelerando il decadimento del cristianesimo nel paese.

I dati che si rilevano fanno una certa impressione, e raccontano di un tracollo che, almeno nell’immediato, non sembra avere fine, è l’opinione prevalente. Secondo le statistiche annuali pubblicate dalla Conferenza Episcopale nel 2019 sono uscite dalla Chiesa cattolica tedesca 272.771 persone, circa il 26,2% in più rispetto all’anno precedente (216.078). Nello stesso periodo, la Chiesa evangelica, ha registrato 270.000 abbandoni, ossia il 23,3% in più rispetto al 2018 (220.000).

La frequenza media settimanale alla Chiesa tra i cattolici è diminuita passando dal 9,3 al 9,1%. Ciò significa appena 2,1 milioni di presenze. La Chiesa evangelica, secondo i dati relativi al 2017, registra in media circa 978.000 frequentanti, ossia il 4,7%. Anche il numero delle parrocchie cattoliche è ulteriormente diminuito, passando da 10.045 a 9.936. La Chiesa evangelica alla fine del 2018 contava 13.792 comunità. Per quanto riguarda i matrimoni: nella Chiesa cattolica, il loro numero è diminuito da 42.789 a 38.537. Nella Chiesa evangelica, secondo i dati riferiti al 2017, è stato di 42.987. È sceso anche il numero annuale dei battesimi passando da 167.787 a 159.043.

Sono numeri che raccontano di un cambiamento radicale e profondo che sta toccando tutti i Paesi europei, Italia inclusa. Sprovveduti coloro che non vogliono vederlo, che non fanno i conti, seriamente e senza risentimenti, con quello che, più volte, papa Francesco ha chiamato “un cambiamento d’epoca”. Lo ricordava già qualche anno fa un documento della Chiesa italiana: “Considerando le trasformazioni avvenute nella società, alcuni aspetti, rilevanti dal punto di vista antropologico, influiscono in modo particolare sul processo educativo: “l’eclissi del senso di Dio” e l’offuscamento della dimensione dell’interiorità, l’incerta formazione dell’identità personale in un contesto plurale e frammentato, le difficoltà di dialogo tra le generazioni, la separazione tra intelligenza ed affettività. Si tratta di nodi critici che

vanno compresi e affrontati senza paura, accettando la sfida di trasformarli in altrettante opportunità educative» (2010, CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 9).

Occorre cioè fare i conti, non solo a parole, con la secolarizzazione (intesa come interpretazione della modernità), per cui scienza, politica, economia, arte, etica, religione, si sono rese sempre più autonome le une dalle altre, sviluppando dinamiche autoreferenziali. Che di solito hanno il potere di alterare, a favore della visione mondana, il rapporto che tali categorie sarebbe giusto avessero a favore della visione di Dio.

“Oggi per la Chiesa la situazione è molto difficile. Si tratta di una delle tante crisi che il cristianesimo ha vissuto o di un definitivo declino? È l’interrogativo espresso da Andrea Riccardi, che inquieta anche chi guarda al cristianesimo dall’esterno. Ma crisi non vuol dire necessariamente fine. Può essere un’opportunità per aprirsi al futuro, sapendo che il grande rischio è accontentarsi di sopravvivere, rimpiangendo un passato migliore. La soluzione è vivere nella crisi. La Chiesa oggi è chiamata a una condizione di lotta, questa volta non contro nemici esterni ma contro l’indifferenza e il discredito”.

 

 

 Redazione da ag. di inf.

 

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